30 Giugno 2011
suinicoltura, piano di emergenza

Contributi per l’abbattimento di almeno due punti percentuali dei tassi di interesse sui finanziamenti erogati dalle banche, una moratoria di almeno due anni sulle rate dei mutui attualmente in essere, un sistema di regole contro le speculazioni che tramite le bioenergie stanno mandando alle stelle i prezzi dei terreni e dei cereali e l’impegno della Regione a far sentire il suo peso affinché il Ministero dell’Agricoltura vari prima possibile il decreto applicativo della legge sull’obbligo dell’origine in etichetta.
Sono queste le richieste più urgenti che questa mattina, presso la nuova sede della Regione Lombardia a Milano, la Coldiretti ha presentato all’assessore regionale Giulio De Capitani durante un vertice che ha visto la partecipazione di una importante delegazione di oltre 30 allevatori di suini (arrivati da tutte le province) guidata dal presidente della Coldiretti Lombardia Nino Andena, che ha dichiarato: “La situazione è al limite e rischiamo per davvero di perdere un settore che in dieci anni ha visto raddoppiare i costi degli allevamenti e dimezzare le quotazioni della carne. Bisogna intervenire subito”. 
La delegazione cremonese era costituita dal delegato Confederale Eugenio Torchio, dal direttore provinciale Simone Solfanelli, dall’allevatore Roberto Antonioli, componente della Commissione Prezzi Suini della Camera di Commercio di Cremona, dall’allevatore Danio Chiozzi, vicepresidente di Assocom, e da Marco Benedini, responsabile provinciale Servizi Tecnici Coldiretti Cremona.
L’assessore Giulio De Capitani, insieme al direttore generale dell’agricoltura Paolo Baccolo, ha assicurato che entro la settimana prossima saranno prese misure a sostegno degli allevamenti lombardi sia per quanto riguarda le garanzie sui finanziamenti alle aziende che per la proroga le rate sui mutui. Mentre per scoraggiare le speculazioni generate dalle fonti rinnovabili, la Regione non darà un centesimo ai progetti dei privati per gli impianti a biogas. Ma oltre agli interventi urgenti, la delegazione di Coldiretti ha presentato anche una serie di misure a medio-lungo termine che vanno da un’applicazione della direttiva nitrati che non penalizzi ingiustamente le aziende alla riduzione della burocrazia, dall’apertura di nuove linee di credito nell’ambito del piano di sviluppo rurale a un contratto tipo con parametri per indicizzare il prezzo dei suini, fino a maggiori controlli sul ruolo e l’attività dei Consorzi di tutela delle Dop.

Riportiamo il documento presentato da Coldiretti Lombardia all’Assessore Regionale all’Agricoltura De Capitani

DOCUMENTO DI COLDIRETTI LOMBARDIA
IN MERITO ALLA SITUAZIONE DELLA SUINICOLTURA


Premessa

La crisi della suinicoltura dura ormai da molto tempo, almeno da quattro anni.
In questo periodo a situazioni di oggettive difficoltà di mercato (anche europeo) si sono di volta in volta aggiunte situazioni contingenti (leggasi emergenza malattia vescicolare e psicosi per la cosiddetta influenza suina) che hanno ulteriormente messo in difficoltà gli imprenditori e gli allevamenti suinicoli.
Una crisi contingente di mercato anche amplificata da speculazioni extra filiera, dal caro gasolio e dal caro mangimi e da talune storture di mercato.
Nonostante la stabilità dei livelli produttivi nazionali, le quotazioni dei suini vivi continuano a registrare un trend negativo che si accompagna alla straordinaria crescita dei costi di produzione, causata dall’aumento dei prezzi delle materie prime per mangimi.
Il quadro è aggravato dalla pressione competitiva dell’importazione in aumento di suini vivi e di carni suine.
Inoltre è doveroso ricordare anche gli effetti dei vincoli derivanti dall’attuazione di normative, quali per esempio la Direttiva Nitrati 91/676/CE e quella sul Benessere, che impone superfici libere più ampie per scrofe e scrofette con il divieto di allevamento in gabbia di gestazione dal 1° gennaio 2013.
In sostanza sono anni che i suinicoltori italiani producono sostenendo costi mediamente superiori ai prezzi di mercato del suino vivo con gravi ripercussioni di carattere finanziario e creditizio.
Come risaputo i suinicoltori italiani sostengono costi per la produzione del suino pesante più elevati rispetto a tutti gli altri suinicoltori europei.
Le difficoltà economico-finanziarie dei suinicoltori italiani negli ultimi anni hanno portato ad un progressivo abbandono dell’attività da parte dei “piccoli-medi” allevatori, che sul fronte dei costi non riescono a sfruttare le economie di scala e sul fronte dei ricavi, in mancanza di un’efficace aggregazione dell’offerta, presentano in un ridotto potere contrattuale verso i clienti: ingrassatori e/o macellatori.
Inoltre, nel 2010 si è assistito ad una forte pressione dell’importazione di suini vivi In particolare, nei primi 9 mesi dell’anno sono aumentati del 15% gli acquisti dall’estero di cosce fresche per un totale di 443.195 t, a cui si aggiungono 1.623 t di cosce congelate. In totale esse corrispondono a circa 45 milioni di pezzi (ai quali dovrebbero ulteriormente aggiungersi le cosce ricavate dalle carcasse o dalle mezzene importate, anch’esse aumentate del 9,1% per un totale di 97.477 t).
Si tratta di un dato molto rilevante che evidenzia la dipendenza dell’industria di trasformazione italiana dalla materia prima di importazione per le produzioni non DOP (ad esempio, prosciutti crudi non marchiati, prosciutti cotti, mortadelle, speck, ecc.).
Purtroppo, oltre ai salumi non marchiati, anche molti prodotti a base di carne suina che si fregiano del riconoscimento comunitario dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP) (Mortadella Bologna, Speck Alto Adige, ..) sono realizzati con materia prima proveniente dall’estero in quanto la normativa comunitaria ammette che solo una delle fasi produttive (dall’allevamento alla lavorazione del salume) sia realizzata all’interno di una determinata area geografica.
Solo alcuni salumi IGP hanno disposizioni produttive che impongono l’approvvigionamento di carni derivate da suini allevati in Italia (Prosciutto di Norcia, Ciauscolo).
Per questi motivi, l’approvazione della norma che ha imposto l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine della materia prima utilizzata rappresenta un’importante opportunità per la suinicoltura nazionale e si auspica che incontri nel prossimo futuro anche l’approvazione dell’Unione Europea.
Come è noto, la situazione di crisi della suinicoltura italiana è aggravata dallo scarso potere contrattuale che gli allevatori hanno all’interno di tutta la filiera delle carni e delle produzioni DOP.
A dimostrazione di ciò bastino i dati diffusi dal Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA) di Reggio Emilia che annualmente calcola la distribuzione del valore lungo tutta la filiera produttiva.
Nel 2009, le quote percentuali del valore dei prodotti finali ottenuti da un suino pesante italiano sono state così ripartite: il 15,9% all’allevatore, il 10,5% al macellatore, il 23,6% all’industria ed il 50% alla distribuzione.
La difficile situazione del mercato suinicolo italiano è oggi legata anche all’impossibilità di realizzare una migliore organizzazione della produzione: le intese tra imprenditori finalizzate ad una programmazione della produzione hanno finora trovato un ostacolo nella vigente normativa antitrust. Una programmazione produttiva realizzata in funzione della richiesta quantitativa e qualitativa del mercato nazionale renderebbe di certo il settore più stabile.
Si vogliono però sottolineare due aspetti importanti, che nonostante la lunga crisi,  portano gli allevatori a credere ancora nel settore in cui operano: producono “cibo” il cui consumo è in continuo aumento sia a livello nazionale che internazionale, e si occupano della gestione del territorio.
Ma chiaramente non possono più accettare e sopportare condizioni che costringono a lavorare senza  un risconto economico, sia per il lavoro che per il capitale investito. Si può dire molto semplicemente che ciò di si ha bisogno sono delle regole eque, chiare, precise e rispettate da tutti.

LE NOSTRE RICHIESTE ALLA REGIONE LOMBARDIA

Per accompagnare le aziende suinicole in questo momento di assoluta difficoltà, sono necessari interventi a 2 livelli:

  1. interventi nel breve e brevissimo periodo, per ridare fiato e ossigeno alle imprese, permettendo loro di recuperare la liquidità persa in questi anni di crisi;
  2. interventi nel medio-lungo periodo, con una politica di programmazione e ristrutturazione del comparto, per ritrovare e recuperare nella filiera il valore aggiunto ad oggi mancante.


INTERVENTI URGENTI:

a) INTERVENTO REGIONALE PER ABBATTIMENTO INTERESSI SU FINANZIAMENTI
La Regione Lombardia deve intervenire per sostenere il fabbisogno finanziario delle imprese suinicole legato alle esigenze di funzionamento aziendale tramite Finlombarda e il supporto dei Consorzi Fidi agricoli con un contributo in abbattimento di almeno due punti percentuali dei tassi di interesse praticati sui finanziamenti erogati dagli istituti di credito.

La Regione inoltre deve assumere il ruolo di “Cabina di Regia” garantendo tempi rapidissimi nell’attuazione dell’intervento.

b) SOSTEGNO AD UN ACCORDO-QUADRO NAZIONALE PER UNA MORATORIA SUI MUTUI DELLE IMPRESE SUINICOLE
E’ fondamentale che Regione Lombardia si faccia parte attiva per concretizzare gli interventi già individuati per arrivare a postergare per almeno 2-3 anni le rate dei finanziamenti in essere per le imprese suinicole, per dare loro liquidità di spesa nel breve periodo.
Nel concreto deve essere un accordo quadro con il sistema bancario, mirato alle imprese suinicole, che permetta di superare la diffusa diffidenza verso il comparto, deve prevedere interventi/prodotti bancari che portino a postergare per almeno 2-3 anni le rate dei finanziamenti in essere, sia per le aziende con posizioni in regola, sia per le aziende in bonis e deve ottimizzare le possibilità offerte da ISMEA e, nello specifico, da SGFA, che ha lo scopo di migliorare la gestione finanziaria dell’impresa agricola e di favorire un più facile accesso al credito.

c) SOSTENERE L’ORIGINE IN ETICHETTA
La Regione Lombardia deve farsi parte attiva perché venga formulato ed attivato quanto prima per la filiera suinicola il decreto applicativo della legge sull’obbligo dell’origine in etichetta.

d) REGOLAMENTAZIONE DEGLI IMPIANTI AGROENERGETICI
La Regione Lombardia deve intervenire per regolamentare la produzione di energie da fonti rinnovabili ed evitare speculazioni e azioni discorsive sul territorio (biogas con l’utilizzo di trinciato di mais e fotovoltaico a terra), che falsano il mercato degli affitti dei terreni, nonché l’approvvigionamento locale di materie prime.

E’ bene promuovere gli impianti che producono energia “pulita” partendo da sottoprodotti e scarti (vedasi reflui zootecnici), ma non è accettabile incentivare impianti che utilizzano materie prime nobili e sono sovra-dimensionati rispetto all’azienda. Questi ultimi devono quanto meno essere necessariamente assoggettati ad un regime fiscale adeguato, non certo agricolo.

INTERVENTI A MEDIO-LUNGO TERMINE:

a) SOSTENERE PRESSO IL MINISTERO LA RIPRESA DI UN PIANO DI SETTORE COME STRUMENTO STRATEGICO DOTATO DI UNA ADEGUATA COPERTURA FINANZIARIA.

b) RIDURRE LA BUROCRAZIA
E’ necessario che la Regione semplifichi ulteriormente e ottimizzi i controlli e gli aspetti burocratici che appesantiscono e rallentano la gestione aziendale

c) IMPLEMENTARE IL PSR
Attivare nuove linee di credito/interventi nei PSR per agevolare gli ammodernamenti degli impianti, soprattutto alla luce delle norme per il benessere degli animali. Anche in questo caso è importante che sia prevista una “burocrazia snella”.

d) PUNTARE A UN CONTRATTO-TIPO CON PREZZO INDICIZZATO
Promuovere e coordinare la struttura di un contratto-tipo di fornitura degli animali, che garantisca i diritti e doveri di allevatori e macellatori, analogamente a ciò che accade per altre produzioni agricole (es. contratto 103 per il mais).
Tale contratto dovrebbe basarsi anche su un nuovo modello per la formazione del prezzo, costruito su basi economico-statistiche tenendo conto di diversi indici facilmente rilevabili come i prezzi degli animali e delle carni (in Italia e nei principali mercati di approvvigionamento esteri), dei costi di produzione (il CREFIS dovrebbe già avere una base di lavoro), dei costi dell’energia dei trasporti, ecc…
Si tratta di modelli già messi in atto con successo per altre produzioni-filiere in Italia (es. Inalpi) e all’estero (es. Spagna, Olanda e Danimarca).

E’ importante prevederne la regia di Regione Lombardia che potrebbe incentivare l’utilizzo del contratto-tipo quale pre-requisito per accedere ai finanziamenti pubblici (sia per le imprese agricole che per le imprese di macellazione).

e) CONTROLLARE I CONSORZI DI TUTELA 
Azionare i controlli verso i vari Consorzi di Tutela per quanto le Regioni hanno in loro potere di effettuare, non per affossarli ma perché compiano quell’azione che gli è propria: tutelare veramente u n prodotto fatto secondo ferrei disciplinari.
Oggi assistiamo sempre più cosce DOP e suini italiani che con il loro nome trascinano la vendita di quelle chiamate nostrane, caserecce, nazionali e che di nostrano, casereccio nulla hanno; costano meno allo stagionatore ed anche al consumatore finale, il quale è comunque ingannato (o peggio frodato).
Ad esempio non è più accettabile che parlando di Prosciutto di Parma possano far parte del consorzio di tutela “tutte le aziende a prescindere dal quantitativo di prosciutti di Parma prodotti dalla stessa”. Così cita il nuovo statuto consortile del Parma, approvato dal Mipaf con decreto del 01.12.2004. Questo ha fatto sì che 54.000.000 di cosce estere possano essere stagionate con le 9.000.000 veramente italiane.                                                                                     
   
Milano, 30 giugno 2011

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