23 Ottobre 2019
Suinicoltura, allevatori riuniti a Cremona

Grande partecipazione, martedì 22 ottobre nel tardo pomeriggio, per l’incontro che ha riunito presso la sala del Consorzio Agrario a Malagnino i suinicoltori operanti nel comprensorio del “Prosciutto di Parma” e del “Prosciutto di San Daniele”.
Obiettivo dell’incontro era illustrare le disposizioni contenute nelle proposte di modifica dei disciplinari dei prosciutti DOP, sottolineando nel contempo come si sia giunti alla necessità di proporre tali modifiche e il significato dell’impegno messo in campo.

Accolti da Paolo Voltini, Presidente di Coldiretti Cremona e Lombardia, e da Mauro Donda, Direttore di Coldiretti Cremona, sono intervenuti importanti rappresentanti del mondo della suinicoltura e delle DOP, con l’impegno di portare all’attenzione e all’ascolto dei suinicoltori le voci di tutte le componenti della complessa partita.
Nell’incontro aperto dal saluto di Paolo Voltini e guidato da Giorgio Apostoli, Capo Servizio Zootecnia della Confederazione Nazionale Coldiretti, sono intervenuti Stefano Vaccari, Capo Dipartimento ICQRF (l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari), Stefano Fanti, Direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma, accanto ai dirigenti ANAS, il Direttore Maurizio Gallo e il Presidente Thomas Ronconi.

“Abbiamo riunito le province maggiormente interessate alle dinamiche della suinicoltura. Riteniamo importante capire contenuti e dinamiche dei nuovi disciplinari di produzione e richiamare le motivazioni che hanno indotto a queste modifiche del disciplinare. Tenendo sempre presente il nostro grande obiettivo: preservare le DOP con tutte le nostre forze – ha esordito Apostoli –. Consideriamo fondamentale preservare e valorizzare l’italianità attraverso l’etichetta di origine unitamente a percorsi di trasparenza. Ebbene, non dimentichiamo che le DOP sono i fiori all’occhiello di questo sistema, sono la punta di diamante dell’italianità e dobbiamo averne la massima cura. Si tratta dell’espressione più alta della valorizzazione di un prodotto agricolo e le vicende che hanno coinvolto il settore suinicolo in questi ultimi due anni hanno seriamente rischiato di far saltare le DOP Parma e San Daniele. La nostra convinzione, per garantire il futuro del settore, è quella di dover preservare e migliorare le due DOP. E’ anche ovvio, e logico, che ogni cambiamento richieda a tutti, allevatori compresi, una certa fatica. Si tratta di cambiare il modo di approcciare il mercato, il lavoro, la produzione. Per questo dobbiamo condividere le riflessioni ed il percorso con tutti gli allevatori”.

Stefano Vaccari ha esordito illustrando il ruolo dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, definendo l’ICQRF il più grande controllore d’Italia del food e uno dei maggiori organismi europei di controllo dell'agroalimentare.
Ha richiamato la ragione fondamentale per cui si è arrivati a cambiare due disciplinari come Parma e San Daniele. “In tutta la filiera mancava la completa tracciabilità. Ad un certo punto, le fallanze hanno consentito di introdurre delle pratiche sleali” ha rimarcato Vaccari, evidenziando – rivolto alla platea di suinicoltori – che “la slealtà era senz’altro nei confronti del disciplinare, dei consumatori, della qualità del prodotto, ma prima di tutto la slealtà era nei confronti proprio degli allevatori”. “Perché la concorrenza sleale di chi opera senza rispettare le regole – ha chiosato – pesa in primo luogo proprio sulla maggioranza degli allevatori che opera correttamente”.
“La situazione è stata riportata sotto controllo. Siamo arrivati a sequestrare quasi un milione di cosce – ha aggiunto Vaccari –. Tutta questa vicenda ha messo in evidenza che i disciplinari avevano la necessità di essere riformati, a cominciare dal peso. Avendo un faro essenziale: realizzare compiutamente la tracciabilità del prodotto, dalla stalla allo scaffale o alla vaschetta di affettato”.
“L’indagine, per quanto dolorosa per il sistema, ha salvato la DOP – ha detto Vaccari –. La deriva che era in corso, e che è emersa, avrebbe portato come minimo alla retrocessione di Parma e San Daniele da DOP ad IGP, con grave danno soprattutto per la suinicoltura italiana perché ciò avrebbe significato, ad esempio, che gli animali per produrre i prosciutti sarebbero potuti arrivare dalla Danimarca o dalla Germania, dove si produce a costi decisamente più bassi che in Italia. Abbiamo aperto una fase nuova e la DOP oggi è in sicurezza, abbiamo messo le basi per ripartire bene”.

Stefano Fanti, Direttore del Consorzio del Prosciutto di Parma, aveva il compito di illustrare i contenuti del nuovo disciplinare. Ha esordito con una previsione in merito ai tempi di piena applicazione dello stesso: “Si deve esprimere la Regione, poi il passaggio successivo avviene a Bruxelles – ha detto –. L’ipotesi è di una conclusione del percorso tra la fine dell’anno 2020 e la metà del 2021”.
In merito al nuovo disciplinare del prosciutto di Parma, Fanti ha sottolineato lo sforzo che è stato fatto nel nuovo disciplinare per differenziare e qualificare sempre di più il prosciutto di Parma DOP. Ha quindi effettuato un’attenta disamina che ha spaziato dalla genetica dei suini (con l’introduzione di un’autorizzazione preventiva dei nuovi tipi genetici, la valutazione dei tipi genetici già noti al sistema di controllo, con l’impegno di creare una banca dati di materiale genetico), ha richiamato i “tipi genetici ammessi” (in proposito si è ribadito che ad autorizzare i tipi genetici sarà il CREA, l’istituto per la ricerca in agricoltura, facente capo al Ministero), ha evidenziato le “caratteristiche del prosciutto finito” (soffermandosi su stagionatura minima, peso minimo, sui nuovi parametri analitici). Il relatore si è inoltre soffermato sulle le fasi produttive, sull’alimentazione dei suini nonché sulla modalità di presentazione e vendita del prodotto.
Fanti ha evidenziato le due direttive su cui si focalizza il lavoro in atto: da un lato il disciplinare (dunque le regole di produzione), dall’altro lato l’attività di controllo (identificato nel Csqa, organismo di certificazione di sistema e di prodotto leader, scelto a tutela del prodotto e del consumatore).

L’intervento del presidente dell’Associazione nazionale allevatori di suini, Thomas Ronconi, si è invece focalizzato sul nuovo Piano dei controlli, che partirà da gennaio con il vecchio disciplinare ma che presenta alcuni problemi per gli allevatori – puntualmente illustrati da Ronconi – che richiedono di individuare tempestivamente delle soluzioni o perlomeno delle modalità applicative compatibili con le situazioni degli allevamenti.
Il direttore dell’ICQRF Vaccari ha assicurato la totale disponibilità dell’Istituto a trovare delle soluzioni praticabili, agevolando gli allevatori, purché venga fatta salva la possibilità di garantire la tracciabilità completa lungo la filiera.

E’ seguito un ampio dibattito, con numerosi interventi, volti a chiedere chiarimenti e ad evidenziare le preoccupazioni e le istanze che giungono dagli allevatori, di fronte al cambiamento in atto.
L’istanza ribadita con maggiore forza dai suinicoltori – già evidenziata da Apostoli e confermata dall’intervento di numerosi allevatori – è stata la richiesta di adottare una netta separazione fisica tra gli stabilimenti di stagionatura dei prosciutti DOP e quelli degli altri prosciutti. Un’esigenza considerata condizione essenziale proprio in termini di trasparenza nei confronti degli allevatori e dei consumatori. “Ribadiamo la nostra richiesta che sia messo per iscritto nel disciplinare, o con altro documento ufficiale del Consorzio del Parma, il fatto che vi debbano essere stabilimenti esclusivamente dedicati alla DOP, garantendo una suddivisione certa tra i prodotti del circuito DOP e gli altri” ha sintetizzato Apostoli.

Di fronte alle preoccupazioni espresse da alcuni suinicoltori rispetto ai maggiori oneri (e costi) imposti dal nuovo disciplinare, a conclusione dell’incontro Paolo Voltini - forte anche dell’esperienza come Presidente del Consorzio Casalasco del Pomodoro titolare dei marchi Pomì e De Rica – ha testimoniato tutto il valore della tracciabilità, che crea garanzia per il consumatore e conseguentemente ricchezza per l’allevatore. “Dobbiamo certamente chiederci quanto ci costa la tracciabilità, per poi farcela pagare, ma dobbiamo anche chiederci quanto ci costerebbe non farla” – ha concluso Voltini – spronando i presenti a credere in un percorso di qualità e nella necessità di essere protagonisti nel governo della “filiera della trasparenza”.

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