26 Luglio 2011
milano, maiali in borsa

BORSA: APRE CON I MAIALI CHE RAZZOLANO DAVANTI PIAZZA AFFARI
Blitz della Coldiretti per denunciare che l’economa di carta uccide quella reale

Dall’apertura della Borsa di questa mattina ci sono i maiali a razzolare davanti a Piazza Affari a Milano dove sono già quasi un migliaio gli allevatori della Coldiretti arrivati dalla Lombardia, dal Veneto, dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Toscana, dalle Marche e dal Friuli per denunciare le speculazioni internazionali sulle materie prime, dall’oro al petrolio fino ai mangimi, che hanno fatto impennare i costi per l'alimentazione degli animali e messo in ginocchio migliaia di allevamenti e la vera salumeria Made in Italy. Le speculazioni su materie prime ed energia - stima la Coldiretti - sono costate in un anno almeno 300 milioni agli allevatori di maiali italiani con migliaia di aziende che hanno chiuso o stanno per farlo. Gli allevatori vogliono consegnare piccoli maiali con coccarda tricolore agli operatori della borsa perche’ dicono  di non essere piu’ in grado di farli crescere anche per la concorrenza sleale dei prodotti stranieri che vengono spacciati come Made in Italy. “La speculazione è servita a tavola”, “Voi controllate le borse noi il cibo”, “Meno finanza e piu’ stalle”, “Globalizzazione senza regole tratta il cibo come i frigoriferi”, “Giu’ le mani dal Made in Italy”, “Piu’ trasparenza in borsa e al mercato”  sono alcuni degli slogan urlati dai manifestanti “armati” di cartelli e colorate bandiere gialle.

PREZZI: COLDIRETTI, AUMENTANO DI 5 VOLTE DA MAIALE A BRACIOLA

Dal maiale alla braciola i prezzi aumentano di almeno cinque volte per effetto delle distorsioni che si verificano nel passaggio dalla stalla alla tavola con gli allevatori che sono costretti a chiudere le stalle e i consumatori a rinunciare alla carne. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che ha portato i maiali davanti a piazza affari a Milano per denunciare le speculazioni sul cibo. Gli allevatori di maiali - denuncia la Coldiretti - sono stretti nella morsa dell’aumento dei costi di produzioni con le speculazioni sulle materie prime che hanno determinato rincari del 17 per cento dei mangimi e delle distorsioni di filiera che sottopagano il nostro prodotto ad appena 1,4 euro al chilo mentre la braciola di maiali viene venduta mediamente a 6,85 euro al chilo, secondo le elaborazioni sui dati sms consumatori. 

Il risultato è che per ogni euro speso per l’acquisto di carne di maiale appena 15,5 centesimi arrivano all’allevatore, 10,5 al macellatore, 25,5 al trasformatore e ben 48,5 alla distribuzione commerciale. Una analisi che dimostra come nella forbice tra prezzi alla produzione e al consumo c’è - secondo la Coldiretti - un sufficiente margine per garantire una adeguata remunerazione agli allevatori e non aggravare i bilanci delle famiglie.

C’e’ un rischio di estinzione concreto per gli allevamenti italiani e con essi - sostiene la Coldiretti - dei prelibati prodotti della norcineria nazionale dalle tavole degli italiani con ben 33 prodotti che hanno ottenuto dall’Unione Europea il riconoscimento di denominazione di origine: dal prosciutto di Parma al san Daniele fino culatello di Zibello.

La carne di maiale fresca o trasformata è la piu’ acquistata dagli italiani che ne consumano ben 37,2 chili a testa ma in dieci anni - sottolinea la Coldiretti - si è praticamente dimezzato il numero delle stalle italiane (-85 per cento) che è passato dai 193mila del 2000 alle 26mila attuali dove si allevano 9,3 milioni di maiali soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto ma anche l’Umbria e la Sardegna sono regioni vocate. Nel 2010 l’Italia – precisa la Coldiretti - ha importato quasi un milione di maiali dall’estero (+22 per cento rispetto al 2009) ed oltre un milione di tonnellate di carne di maiale (+12 per cento).

Questo significa che oltre un terzo (34 per cento) della carne di maiale, salumi o prosciutti consumati in Italia è stata in realtà ottenuta da maiali allevati all’estero. Una situazione che rischia di aggravarsi con effetti anche occupazionali nella filiera della carne suina dove - conclude la Coldiretti - lavorano in Italia circa 120mila gli addetti tra allevamento, macellazione, trasformazione e distribuzione.

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